L’ultima bocciofila in città : Castel Cerreto, Treviglio
di 12 febbraio 2012 bergamo.corriere.it
«Noi, superstiti di un’epoca»
I ragazzi che recitavano nell’ «albero degli zoccoli» raccontano un passato che non c’è più e la voglia di continuare a tentare acchiti e bocciate. Avviene a Castel Cerreto, Treviglio.
I ragazzi che recitavano nell’ «albero degli zoccoli» raccontano un passato che non c’è più e la voglia di continuare a tentare acchiti e bocciate. Avviene a Castel Cerreto, Treviglio
Il Battista Belloni detto Gnomo lo conoscon tutti. Perché era uno dei «lumagòcc» dell’Albero degli Zoccoli di Olmi, e perché è vicepresidente della bocciofila. Cioè, di un’entità che gestisce una forma di vita in via di estinzione nel Trevigliese: il campo da bocce. Eh sì perché la bocciofila di Castel Cerreto, due grigi campi scoperti dietro la chiesa (e grazie che ci sono ancora) è l’unica rimasta nel territorio municipale. «L’unica a Treviglio e praticamente l’unica in provincia di Bergamo dove, se vogliamo giocare, finiamo congelati»: lo dice ironico (ma con fermezza e una punta di sdegno) il Giovanni Ventura, presidente della «Piero Scotti». «Per giocare, da ottobre a marzo, dobbiamo andare a Pontirolo, Canonica, Chignolo, Caravaggio, Ciserano… tutti hanno campi coperti. Noi ancora no», e giù un buon caffè corretto al Bar Pilly, sede sociale con cucina. Che d’estate lavora di brutto: «Centocinquanta stinchi abbiam fatto fuori alla cena dopo il campionato trevigliese» fa Pierluigi Pilenga, il gestore. «E il risotto coi funghi era da leccarsi i baffi». Un terzo tempo da rugbisti, insomma.L’appetito vien bocciando ma, a quanto pare, in fatto di bocce a Treviglio son tempi di carestia. I campi son spariti quasi tutti, divorati da chiusure di bar, ristrutturazioni edilizie, cambi urbanistici… «E cambi di costumi» dice Gianluigi Ferri, 54 anni, titolare della Trattoria Monte Tabor, nella vicina frazione Geromina. Un posto vecchia maniera, fuoriporta, gestione familiare, che espone una raccolta di duemila bottiglini mignon e una vetrina con 54 mazzi di carte tutti di marche diverse. «Qui le bocce le avevan tolte già i vecchi proprietari – dice Ferri – e in tutta Treviglio la tradizione si andava perdendo già 20 anni fa. Io e mia moglie siamo qui da 13, ho visto la clientela diminuire, teniamo duro perché ci piace, qui si gioca a briscola e poi siamo l’Inter club più prestigioso», e mostra orgoglioso la foto con Giacinto Facchetti.
«Ma mio padre, lui sì che era un bocciofilo». Ancora in formissima agli 80 anni, lucidissimo di memoria, Erminio Ferri snocciola i nomi dei grandi giocatori trevigliesi: «I migliori erano i Moriggi, tre fratelli. Poi i Taborelli, tre anche loro. E gli Erba: gli Erba erano addirittura cinque».
Uno dei cinque l’abbiamo ritrovato a Castel Rozzone, nella bocciofila protetta dal WWF. «Guido Erba ha 79 anni ed è il nostro senatore – spiega Ventura -. Il più giovane invece è Ivan Casirati, 16 anni. Ne abbiamo di giovani, per fortuna. Organizziamo otto eventi a stagione (a agosto la promettente Gara del Butigliù, ndr), siamo a quota 60 tesserati e siam già contenti». Erano scesi a 17 quando Ventura, imprenditore della plastica a Ciserano, assunse la presidenza cinque anni fa. Nella locandina sociale campeggia ancora il volantino del 36° campionato trevigliese, vinto a settembre da Primo Santinelli. Vicino a calendari di gare, annunci di cene e opportuni bigliettini come questo: «Giocatore del 12/01 paga 4×9, totale 36 euro; farsi fare ricevuta, Grazie».
A un tavolino del Monte Tabor fa un solitario Giovanni Bonati, classe ’42, che ricorda la morìa dei giochi-bocce trevigliesi: «Il Sole Bar, alla stazione Ovest, ha resistito fino ai primi del Duemila. L’ultimo a chiudere è stato il Piccolo, su in via Bergamo. Era stato il primo ad avere il campo coperto. Han venduto e i compratori ci han costruito sopra. Adesso lì c’è una concessionaria. E quelli del bar, la Lucia e il Carlo, son morti quasi subito, a distanza di poco tempo. Prima lei poi lui: poveretti, non si son goduti il guadagno della vendita».
L’atmosfera decadente non fa dimenticare del tutto l’era della grandeur. Il Tripoli di via Milano era arrivato ad avere tre campi. Due coperti. Con la grande nevicata del 1985, la copertura crollò e non fu ripristinata. In qualche modo l’evento segnò il declino delle bocce a Treviglio. Da allora, sempre meno acchiti e bocciate al volo. E poche anche le grida «Dù, sèt, tuta!» delle grandi partite di morra. Il bel libro «Eran centoventisette» sulle osterie storiche trevigliesi, curato da Mariarosa Devizi Radaelli, riporta la foto dei funerali di Maria Ronchi, che gestì per 60 anni il Tripoli. Aveva lasciato scritto di desiderare un funerale in stile ‘800 e fu accontentata: due cavalli bianchi tiravano la carrozza con il feretro.
Per rifarsi l’umore, prima di andar via meglio tornare a Castel Cerreto far due chiacchiere con tipi come il Franco Pilenga, buon giocatore e tipo giovanile assai, sebbene pure lui abbia recitato per Ermanno Olmi. «Avevo 35 anni – sorride – facevo la parte dello sposino». Adesso gioca alla Bocciofila degli Zoccoli.
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