Sono passati quasi 500 anni dal quel 28 febbraio 1522 quando Treviglio fu salvata dall’invasione francese. Da quando sgorgarono lacrime dall’affresco di quello che divenne poi il Santuario della Madonna delle Lacrime. Da quando la città subì un destino diverso per miracolo. Ma, estraniandosi per un attimo dal religioso: cosa avveniva in Pianura in quei tempi? Cosa spinse il Generale Lautrec a marciare su Treviglio e solo su questa città? Un po’ di storia. Inquadriamo il periodo. Siamo nella prima metà del Cinquecento. La Lombardia è in balia di Francesi e Spagnoli che si contendono i territori con l’obiettivo di conquistare il titolo imperiale: la situazione vede Milano e quasi tutta la nostra regione sotto il dominio di Carlo V, mentre i Francesi di Francesco I si sono ritirati a Cremona. Insomma siamo nel pieno della prima guerra franco-spagnola (1521-1526).
A capo delle truppe d’Oltralpe vi è il generale Odet de Foi, visconte di Lautrec, militare francese descritto da uno storico dell’epoca (purtroppo il suo nome non ci è pervenuto) come «più duro del diamante, più crudo della tigre, più saldo dello scoglio». E queste sue caratteristiche si riveleranno fondamentali per capire la “cattiveria” che, ad un certo punto, mosse i francesi contro Treviglio. Non ci fu mai simpatia per i cugini d’Oltralpe (oggi come allora, bisogna ammetterlo, e chissà poi perché), così quando una loro piccola legione bussò alle porte di Treviglio chiedendo asilo e rifornimenti, gli abitanti risposero uscendo dalle mura impugnando le armi e rimandando i soldati da dove erano venuti. La Francia se la legò al dito. E l’occasione per vendicarsi non stentò ad arrivare.Organizzato l’esercito (composto da mercenari svizzeri, dettaglio importante), Lautrec partì da Cremona e, la sera del 27 febbraio, arrivò a Rivolta. L’obiettivo era chiaro: Treviglio sarebbe stata data in pasto ai soldati che, saccheggiandola, si sarebbero garantiti i denari di cui lo stesso comandante non disponeva per pagarli. Astuto Lautrec. Se si chiudono gli occhi per un istante e si prova ad immaginare quelle centinaia di soldati in marcia, la cui visione fu senz’altro preceduta dal rumore dei passi degli stessi, dal rimbombo degli zoccoli dei cavalli e dal ferro delle corazze e delle spade e se si prova poi ad immaginare il panico dei cittadini, impotenti di fronte alla crudeltà di ciò che li attendeva, coscienti che non avrebbero avuto scampo, può essere in effetti che vengano i brividi.Il miracolo. Nessuna mediazione politica e religiosa riuscì a fermare il piano francese: né il tentativo del Capitano Bernardino Visconti, che convinse Lautrec ad ascoltare i cittadini che provarono a discolparsi; né il tentativo di Monsignor Serbelloni che provò a commuovere il generale. Alla popolazione non restò che pregare, affidandosi alla profonda fede che nutriva da sempre in Dio e nella Vergine Maria. L’esercito francese era intanto entrato nella città ed aveva iniziato il saccheggio. Quella notte fu vissuta nelle chiese, unico rifugio dei trevigliesi, in una veglia sommessa e singhiozzante fino a quando, al sorgere del sole del 28 febbraio 1522, all’improvviso, una voce risuonò per le vie tra stupore ed emozione in un’unica parola: «Miracolo!», si gridò.Tutti si riversarono per le strade e si strinsero nel luogo del miracolo. Anche i soldati furono sorpresi da quello che stava accadendo e si avvicinarono: l’immagine della Madonna dipinta sul muro di Sant’Agostino versava copiose lacrime e sudava da tutto il corpo, mentre la figura del bambino e del muro circostante restavano asciutte. Come poteva essere? Giunse anche Lautrec dapprima incredulo tanto che, pensando ad uno stratagemma escogitato dalla popolazione per salvarsi, fece esaminare (presente Serbelloni) la parete interna convinto di svelare il trucco. Ma dovette ricredersi e cedere di fronte all’evidenza che videro i suoi stessi occhi e, impressionato, si genuflesse davanti a quell’immagine cercando di asciugare le lacrime che continuarono incessantemente a rigare il viso di Maria per sei lunghe ore. Serbelloni a quel punto proclamò il miracolo. Lautrec, in ginocchio davanti alla Vergine, in segno di devozione e rispetto, depose l’elmo e la spada che ancora oggi sono conservati in una teca ed esposti nel Santuario di Treviglio, costruito a testimonianza del miracolo accaduto e prova indelebile della fede trevigliese. Treviglio fu salva e non fu più teatro di guerre visto che, come ci racconta la storia, i Francesi furono poi definitivamente sconfitti alla Bicocca.
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